Il letto dal punto di vista femminile

Il letto è un lavoro sul femminile. Nasce come composizione di immagini dipinte su tela e poi cucite su un lenzuolo insieme ad un gruppo di donne. Le piccole tele e le immagini raccontano i sogni, le fantasie, la vita, il sesso, l’amore, la morte, la lettura, le fiabe, la nascita, l’allattamento, il nutrire e il nutrirsi che nel letto accadono. E’ un racconto intimo e privato che con questo letto è stato messo “in piazza” come spesso oggi avviene con la nostra vita più intima. Il letto poi, dopo essere stato prodotto, ha viaggiato ed è stato liberamente esposto in un luogo di mare, in campagna, ed in città, sotto al Colosseo a Roma. Giocoso viaggio per suscitare una piccola sorpresa, per inserire qualcosa di assurdo e privo di una logica classica all’interno di scenari a cui i nostri occhi sono abituati, per proporre un’altra possibilità, un altro punto di vista possibile.

Il piccolo letto personale e intimo accanto al maestoso e storico Colosseo. Il piccolo letto che ha attirato con stupore chi gli passava accanto e che è stato fotografato accanto all’antico colosso. Il letto ignorato, il letto guardato di sottecchi sulla spiaggia mentre, tutto intorno, i bagnanti piantavano i loro ombrelloni ed in compagnia di questo strano “personaggio”, si spalmavano la crema da sole.

Bellezza estrema

Ho ideato queste maschere dopo il disastro di Fukushima, immaginando una società in cui saremmo arrivati a indossarle. Però le ho impreziosite rendendole belle, estremamente belle, tanto da essere esposte all’interno di teche come dei veri e propri gioielli. Ho immaginato infatti una stilista che davanti al disastro riesce comunque a vedere la bellezza Claror, una stilista, creativa che davanti alla disgrazia tenta di trovare un lato positivo e di fare emergere il bello anche in un tempo difficile. Per questo nasceva la sua collezione di preziose maschere a gas, per diffondere ancora e nonostante tutto, bellezza.

Femminilità

Tre grandi tele a loro volta frammentate perchè mi sentivo così, composita, fatta di tante parti differenti, esigenze diverse, luci ed ombre. Erano grandi tele e tutto il lavoro verteva sui toni dei marroni, per l’ovvio collegamento del femminile alla terra ma anche perchè non ero definita, non sapevo bene cosa facevo, chi ero e il marrone è il colore dell’incertezza. La prima composizione: un grande vaso e tre vasi più piccoli là accanto: Il femminile come accoglienza.
La seconda: un porta abiti, che poteva ricordare uno scheletro bianco e vicino tre tele più piccole con un coltello, un bottone strappato e lasciato a terra, una forbice: la femminilità come durezza , violenza e rabbia.
La terza: una grande veste bianca in volo e tre più piccole: Femminilità come abbandono e mutevolezza perchè quella era l’immagine della zia che mi aveva abbandonato nel suo volo noturno moltissimi anni addietro.
Al centro della sala posizionammo una tela che raffigurava una voragine nella terra, una sorta di tomba. Lungo i bordi della bara dipinsi una scarpa rossa, femminile lasciata cadere a terra, un cappello, dalle larghe falde, dei sassolini, fili d’erba qua e là, e un piccolo fiore bianco. Disposi dei sassi reali là vicino e chiesi a chi venne di compiere un rito con me: dopo essere saliti su una scala, lanciare un sasso nella terra e abbandonare una parte di sè ormai inutile, un vecchio atteggiamento, credenze ormai in disuso, a simboleggiare il passaggio e l’abbandono di ciò che non era più necessario. Poi posizionammo appese ad una delle pareti una veste bianca e ai suoi piedi una vecchia valigia per dire del nuovo viaggio che si delineava e della mia partenza ormai alle porte.