R-I-S-P-E-T-T-A

Live Performance

I VALORI DI R-I-S-P-E-T-T-A:

Rispetto
Convivenza pacifica
Autostima
Autenticità
Amore
Leggerezza
Gioco
No alla violenza in tutte le sue forme

10 giacche, due con la scritta “you are rare” e il simbolo della regina di cuori. Le altre con il volto di Vittoria una donna ritratta con diverse espressioni e la scritta RISPETTA che si legge solo quando chi le indossa si affianca agli altri. Insieme si può raggiungere questo obiettivo:
rispetto per se stessi, per la donna nelle sue varie emozioni, rispetto per l’essere umano in genere, e rispetto per l’ambiente in cui il progetto performativo prende vita. Foto e video documentano l’avvenimento e l’incontro gentile dell’opera d’arte con le bellezze del territorio dando vita a ulteriori opere .
La live performance è partita da Monza in occasione della Monza Design week e si è spostata poi a Milano durante il Salone Internazionale del Mobile. Il progetto è di portare la performance anche in altre location e città per documentare la bellezza del territorio e divulgare questa visione. Chi indossa le giacche si sposta e porta con sé questo messaggio, chi acquisterà una giacca o le foto saprà di fare parte di un movimento più ampio. Il ricavato andrà poi in parte devoluto a un’associazione che si occupa dell’empowerment femminile.
Progetto di Claudia Rordorf

Straniera

Ho vagato con questa storia, l’ho raccontata a molti, uno alla volta. Confronto intimo ed allo stesso tempo pubblico ed esibito. Stretti, uno di fronte all’altro, come i più intimi confidenti. Chi ascolta è stato portato da me dentro ad una teca, trasparente. Ogni persona che è entrata con me nella teca ha visto e capito la sua parte della storia. Ogni persona con reazioni differenti, empatia, distacco, perplessità, condivisione. Ognuno ha arricchito il lavoro con la propria essenza e presenza, qualcuno continuando a bere la birra, altri partecipando attivamente. In un locale di aperitivi, nella galleria d’arte, in mezzo ad una strada. Durante un festival, nel bel mezzo di una mostra d’arte, dove non ha senso che ci possa essere e dove invece forse ha più logica e pertinenza. Una teca impertinente, assurda e assurdamente pesante da trasportare. Ho scelto il dialogo senza parole, ho scelto di parlare con il corpo e con le immagini. Vieni via con me, entra nel mio mondo, ascolta la mia storia. Così straniera con la sua maschera ed il suo vestito antico dal monitor di un i-pad spiega con le immagini che ho realizzato in collaborazione con il fotografo Luca Meola il suo piccolo viaggio onirico e surreale, dentro di sé e nella vita reale. Piccolo racconto che augura convivenza pacifica e integrazione con se stessi e con gli altri, al di là delle paure e dei nostri incubi personali e collettivi. Dove ad un certo punto la scelta è sempre e solo nostra sullo scendere o meno a compromessi e imparare a convivere con le parti che ci abitano, anche le più scomode e con il mondo degli altri.
Lascia che la confidenza, che l’aprirti il mio cuore, sciolga i nodi e permetta la trasformazione, lascia che con il racconto di questo piccolo viaggio, io mi liberi della pesantezza del passato, dei ricordi, aiutami ad aprire la teca, aiutami a passare dalla maschera alla pelle.

“ Dunque ricordate- se vagate nel deserto ed è quasi l’ora del tramonto e vi siete un po’ perdute e siete stanche- che siete fortunate, perché forse la Loba può prendervi in simpatia e mostrarvi qualcosa, qualcosa dell’anima” da Donne che corrono con i lupi, Clarissa Pinkola Estès.

la performance straniera è stata inserita nell’ambito del festival Milanoff, nel quartiere Isola di Milano, per la collettiva Eretica allo spazio M’arte a Brera, a Dergano per la festa del quartiere e poi nel giardino di Munschasc. Oggi la performance straniera giunge al centro di Monza al mimumo, (Micro Museo Monza)

Insideout woman

Perfomance di self body painting accompagnata da momenti di recitazione e dalla musica che sottolinea e narra insieme al gesto, all’immagine ed alla parola. Inizio dipingendomi sul volto Biancaneve e Barbie anche grazie al suggerimento del mio compagno di scena che interpreta il ruolo di colui che inculca cliché repressivi per meglio controllare il femminile. La storia di una donna, dunque, del condizionamento sociale e della scelta di uscire dal condizionamento ricongiungendosi ad una natura più autentica e ricercando l’identità biologica all’insegna dell’evoluzione. Non appena il compagno si allontana inizio a riscoprire la mia autentica natura femminile e creativa, dipingendomi sul cuore il volto di Frida Kahlo, sul ventre un bambino e nelle gambe rami di alberi. Ricerca dunque di ciò che si cela oltre ai “sarebbe bene” ed a come dovrebbe essere e a come dovremmo essere per compiacere l’altro ed il mondo che ci vuole in un determinato modo. Ricerca di una verità più autentica, ricerca della propria autentica voce.
Con Claudia Rordorf, Gianluca Soren, Dj Pulsar

Donna al centro

Questo lavoro performativo nasce dalla riflessione sul condizionamento religioso che porta la donna a provare sensi di colpa e senso di inadeguatezza rispetto alla propria autentica essenza. Da un lato mi raffiguro come Eva, vista dunque come la colpevole di tanta tentazione e dannazione per l’uomo, dall’altra mi rivesto di simboli religiosi, una maternità ed un candelabro a dire delle due religioni cattolica ed ebraica che tendono a sottomettere il femminile. Ma al centro mi pongo come una donna che si libera dei condizionamenti e si mette al centro della propria vita senza sensi di colpa né esitazioni.
Il progetto è nato in collaborazione con il fotografo Luca Meola.

Femminilità

Tre grandi tele a loro volta frammentate perchè mi sentivo così, composita, fatta di tante parti differenti, esigenze diverse, luci ed ombre. Erano grandi tele e tutto il lavoro verteva sui toni dei marroni, per l’ovvio collegamento del femminile alla terra ma anche perchè non ero definita, non sapevo bene cosa facevo, chi ero e il marrone è il colore dell’incertezza. La prima composizione: un grande vaso e tre vasi più piccoli là accanto: Il femminile come accoglienza.
La seconda: un porta abiti, che poteva ricordare uno scheletro bianco e vicino tre tele più piccole con un coltello, un bottone strappato e lasciato a terra, una forbice: la femminilità come durezza , violenza e rabbia.
La terza: una grande veste bianca in volo e tre più piccole: Femminilità come abbandono e mutevolezza perchè quella era l’immagine della zia che mi aveva abbandonato nel suo volo noturno moltissimi anni addietro.
Al centro della sala posizionammo una tela che raffigurava una voragine nella terra, una sorta di tomba. Lungo i bordi della bara dipinsi una scarpa rossa, femminile lasciata cadere a terra, un cappello, dalle larghe falde, dei sassolini, fili d’erba qua e là, e un piccolo fiore bianco. Disposi dei sassi reali là vicino e chiesi a chi venne di compiere un rito con me: dopo essere saliti su una scala, lanciare un sasso nella terra e abbandonare una parte di sè ormai inutile, un vecchio atteggiamento, credenze ormai in disuso, a simboleggiare il passaggio e l’abbandono di ciò che non era più necessario. Poi posizionammo appese ad una delle pareti una veste bianca e ai suoi piedi una vecchia valigia per dire del nuovo viaggio che si delineava e della mia partenza ormai alle porte.